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In ricordo di Francesco Dell’Aquila

Elogio

Il professor Francesco Dell’Aquila
era un uomo molto riservato, ma anche capace di provare e di comunicare emozioni.
Stimatissimo dai suoi colleghi, dai genitori e dagli studenti.
Dai suoi studenti, soprattutto, incantati dal suo eloquio preciso, ma colloquiale, limpido, ma intessuto di ironia, coinvolti dalla sua capacità di restituire a una materia scientifica come l’Elettronica, apparentemente arida, un incanto particolare. Era un uomo riservato Francesco, ma capace di emozionare e emozionarsi, con quella ironia fine che caratterizzava i suoi modi nel privato e nel pubblico. Con la bella voce, nella quale si contaminavano con grazia gli influssi delle città della sua vita, Crotone, Firenze, Bologna. Ai suoi studenti, che saranno suoi per sempre nel profondo del cuore, aveva trasmesso il senso della materia che insegnava, li aveva guidati con gentilezza sui sentieri della comprensione, con la sua profonda competenza. Autorevole, mai autoritario.
Ci credeva Francesco nell’Elettronica. Si sa, chi crede profondamente in ciò che insegna ha una marcia in più. Perché il mestiere del professore è il più bello del mondo, per chi ci crede. Un mestiere unico, che nessuna intelligenza artificiale potrà mai sostituire. Il potere di iniziare e guidare su sentieri nuovi i giovani che potenzialmente sono tutto, ma ancora non sanno chi sono. E alla fine del percorso scolastico, se hanno avuto la fortuna di incontrare un docente come Francesco dell’Aquila, scoprono davvero chi possono diventare.
Chiedete ai suoi studenti, molti qui presenti. Vi diranno della sua benevolenza, della capacità di capirli, della disponibilità, del sorriso. Del suo schierarsi dalla loro parte nelle emergenze.
Il laboratorio di Elettronica era la casa di Francesco. Per chi non conoscesse le Aldini Valeriani, un’intera ala dell’edificio, che lui stesso aveva concepito, attrezzato, organizzato. Vigeva un ordine quasi militare, era la prima lezione che gli studenti del terzo anno dovevano imparare. Ogni cosa al suo posto. Ciò che si usava doveva tornare integro da dove era venuto. Quasi un luogo di culto, del quale Francesco era il gran maestro. Tra il laboratorio e le aule situate nel corridoio c’era sempre un gran via-vai, perché i progetti richiedevano tempo e dedizione e spesso non potevano seguire le scansioni rigide dell’orario scolastico. Il tempo ristretto delle ore di lezione non gli bastava mai. Per questo aveva instaurato l’abitudine di invitare gli studenti a venire nel pomeriggio o di sabato per portare a termine i loro progetti. Ambitissimi gli open day da lui organizzati, occasioni preziose per reclutare nuovi studenti, i nuovi adepti dell’Elettronica. Seguiti poi passo passo per tutto il percorso, nell’alternanza scuola-lavoro e finanche oltre il diploma, per continuare a costruire le loro carriere professionali. Molti di loro aveva avuto la soddisfazione e l’orgoglio di vederli laureati nella sua disciplina. Che altro può desiderare di più un professore?

Pochi anni fa ha dovuto decidere in fretta di abbandonare l’insegnamento. Era indeciso, perché, nonostante i problemi di salute, Francesco non avrebbe mai voluto lasciare la scuola.
La sua utopia del buen retiro era semplice. Sognava sé stesso in un angolo di mare della sua Calabria, con una canna da pesca in mano. Un’immagine chiara e limpida, com’era lui.
Ciao Francesco

Beatrice Collina